C’era una volta un uomo che aveva una moglie perfida e violenta e un’altra dolce e gentile, e da ognuna di loro aveva avuto una figlia. Le ragazze, che avevano la stessa età e si chiamavano tutte e due Kumba, non avrebbero potuto essere più diverse: una era una peste, e l’altra il ritratto della bontà.
La moglie buona morì, e da allora sua figlia fu chiamata Kumba-senza-madre per distinguerla dalla sorella, soprannominata Kumba-con-la-madre.
La povera Kumba-senza-madre doveva obbedire in tutto e per tutto all’altra moglie, che la odiava e la faceva lavorare come una schiava da mattina a sera, senza che il marito osasse dir nulla: aveva un tale terrore del suo cattivo carattere che le lasciava fare tutto quello che voleva.
Un giorno, poi, la ragazza dimenticò di lavare un cucchiaio di legno, e la matrigna si arrabbiò tanto che le ordinò:
- Prendi quel cucchiaio e vai a lavarlo nel mare di Ndaayan!
Kumba, in lacrime, si incamminò: il mare di Ndaayan era cosi lontano, che non sapeva se sarebbe mai riuscita ad arrivarci.
Cammina cammina, era nella foresta ormai da due giorni e due notti, quando vide un albero di giuggiole che si sgiuggiolava da solo, e si fermò a salutarlo, inginocchiandosi.
- Ma che ragazza beneducata! Dove vai di bello? - chiese il giuggiolo.
E Kumba:
- La mia matrigna mi ha ordinato di andare al mare di Ndaayan per lavare questo cucchiaio.
Allora il giuggiolo le regalò un bel mucchio di frutti e le disse:
- Che Allah ti accompagni.
Kumha ringraziò e riprese il cammino. Avanti e avanti, trovò sulla sua strada una pentola che cucinava da sola, cosi si inginocchiò e la salutò.
- Ma che ragazza beneducata! Dove vai di bello? - disse la pentola.
E Kumba:
- La mia matrigna mi ha ordinato di andare al mare di Ndaayan per lavare questo cucchiaio.
Allora la pentola le diede un po’ della pietanza che stava cucinando e le disse:
- Che Allah guidi i tuoi passi.
Kumba ringraziò e prosegui, finché arrivò a una casetta solitaria. Sulla porta sedeva una donna che aveva una sola gamba, un solo braccio, un solo orecchio, un solo occhio e un unico dito. Kumba si inginocchiò per salutarla e la vecchia disse:
- Dove te ne vai, tutta sola nella foresta?
- La mia matrigna mi ha mandato al mare di Ndaayan per lavare questo cucchiaio, nonnina, e non so proprio quando ci arriverò.
Allora la vecchia le offri un letto per la notte, perché stava facendo buio, e Kumba si offrì di preparare la cena.
- Ecco qui tutto quello che occorre - disse la sua ospite, e le diede un osso spolpato e un grano di miglio.
La ragazza, obbediente, mise l’osso in una pentola, che si riempi di carne all’istante; poi gettò il chicco in un mortaio, che in un attimo traboccò di cuscus. Mangiarono, e poi Kumba lavò le scodelle.
- Visto che ci sei, non dimenticare il tuo cucchiaio - le disse la vecchia - che lo lavi qui o nel mare di Ndaayan, la tua matrigna non noterà la differenza.
Ormai era ora di andare a dormire, e Kumha-senza-madre dovette nascondersi sotto il letto, perché stavano per tornare i figli della padrona di casa.
- Sono bestie selvatiche, capisci, e potrebbero anche mangiarti - le spiegò la donna - ma tu prendi questi due aghi, uno grande e uno piccolo, e quando si saranno addormentati pungili appena appena, cosi penseranno che nel letto ci sono le pulci e andranno via più presto che possono.
I figli arrivarono, e uno di loro, Buki la iena, annusò in giro e disse:
- Mamma, sento odore di carne umana.
- Ma se qui dentro l’unico essere umano sono io! Non vorrai mica mangiarmi! - rispose la madre, e mandò tutti a dormire.
Una volta coricate, però, le belve non riuscirono ad addormentarsi perché la ragazza ogni tanto le pungeva, e all’alba tornarono nella foresta.
- Adesso puoi anche tornare a casa- disse la vecchia a Kumba - e siccome sei stata cosi gentile, ti farò un regalo. Ecco tre uova: il primo lo romperai quando uscirai da qui; il secondo, rompilo alle porte del tuo villaggio, e il terzo, quando ci entrerai.
Kumba ringraziò e appena fuori ruppe il primo uovo: ne uscirono leoni, pantere e altre belve che le leccarono le mani e le fecero da scorta finché non usci dalla foresta, proteggendola da ogni pericolo.
Quando il suo villaggio fu in vista, la ragazza ruppe il secondo uovo: ed ecco apparire molti cavalieri armati che si schierarono attorno a lei.
E alla fine Kumba ruppe anche il terzo uovo, dal quale saltarono fuori una quantità di schiavi carichi di sacchi d’oro e d’argento, e suonatori di tam-tam che la procedevano battendo sui loro strumenti.
Cosi l’orfanella tornò a casa come una regina, e tutti vennero ad ammirarla.
La matrigna era pazza di rabbia, e disse alla sua vera figlia:
- Sarà meglio che vada anche tu al mare di Ndaayan, se vuoi fare fortuna!
Kumba-con-la-madre si mise in cammino, ma controvoglia. Dopo due giorni e due notti, anche lei incontrò il giuggiolo che si sgiuggiolava da solo, e disse:
- Che assurdità, un giuggiolo che si sgiuggiola! Se lo raccontassi nessuno ci crederebbe. Su, stupido albero, dammi un p0’ di giuggiole!
Ma l’albero non gliene diede neppure una, e le gridò dietro:
- Che Allah ti maledica!
Poi la ragazza trovò la pentola che cucinava da sola e strillò:
- È incredibile, una cosa del genere non l’avevo mai vista. Questa pentola è davvero ridicola.
Anche la pentola la maledisse, e lei alzò le spalle e continuò a camminare.
Quando arrivò alla casa della vecchia, invece di inginocchiarsi e salutare si mise a ridere:
- Sei sicura di essere una persona, nonnina? A me sembri un mostro!
E quando la vecchia le diede l’osso e il grano di miglio per preparare la cena, Kumba-con-la-madre rise di nuovo:
- Sei pazza? Nessuno potrebbe preparare da mangiare, con questa roba!
Cosi le toccò andare a dormire senza cena, borbottando perché doveva nascondersi sotto il letto. Poi, una volta arrivati i figli della vecchia, li punse a sangue con i due aghi, facendoli scappare di corsa.
Il giorno dopo anche lei ricevette le tre uova e se ne andò, seguita da molte maledizioni.
Appena ruppe il primo uovo, però, ne uscì una mandria di buoi inferociti che la calpestarono a morte, lasciando il suo corpo agli avvoltoi.
I grandi uccelli mangiarono le ossa e la carne, ma lasciarono intatto il cuore e, tenendolo tra gli artigli, volarono sul villaggio delle due Kumba e lo lasciarono cadere sulla casa della madre, gridando:
- Ecco com’è finita la ragazza che andò al mare di Ndaayan per fare fortuna!
Qui la storia finisce, e il primo naso che la annuserà andrà all’inferno.C’era una volta un uomo che aveva una moglie perfida e violenta e un’altra dolce e gentile, e da ognuna di loro aveva avuto una figlia. Le ragazze, che avevano la stessa età e si chiamavano tutte e due Kumba, non avrebbero potuto essere più diverse: una era una peste, e l’altra il ritratto della bontà.
La moglie buona morì, e da allora sua figlia fu chiamata Kumba-senza-madre per distinguerla dalla sorella, soprannominata Kumba-con-la-madre.
La povera Kumba-senza-madre doveva obbedire in tutto e per tutto all’altra moglie, che la odiava e la faceva lavorare come una schiava da mattina a sera, senza che il marito osasse dir nulla: aveva un tale terrore del suo cattivo carattere che le lasciava fare tutto quello che voleva.
Un giorno, poi, la ragazza dimenticò di lavare un cucchiaio di legno, e la matrigna si arrabbiò tanto che le ordinò:
- Prendi quel cucchiaio e vai a lavarlo nel mare di Ndaayan!
Kumba, in lacrime, si incamminò: il mare di Ndaayan era cosi lontano, che non sapeva se sarebbe mai riuscita ad arrivarci.
Cammina cammina, era nella foresta ormai da due giorni e due notti, quando vide un albero di giuggiole che si sgiuggiolava da solo, e si fermò a salutarlo, inginocchiandosi.
- Ma che ragazza beneducata! Dove vai di bello? - chiese il giuggiolo.
E Kumba:
- La mia matrigna mi ha ordinato di andare al mare di Ndaayan per lavare questo cucchiaio.
Allora il giuggiolo le regalò un bel mucchio di frutti e le disse:
- Che Allah ti accompagni.
Kumha ringraziò e riprese il cammino. Avanti e avanti, trovò sulla sua strada una pentola che cucinava da sola, cosi si inginocchiò e la salutò.
- Ma che ragazza beneducata! Dove vai di bello? - disse la pentola.
E Kumba:
- La mia matrigna mi ha ordinato di andare al mare di Ndaayan per lavare questo cucchiaio.
Allora la pentola le diede un po’ della pietanza che stava cucinando e le disse:
- Che Allah guidi i tuoi passi.
Kumba ringraziò e prosegui, finché arrivò a una casetta solitaria. Sulla porta sedeva una donna che aveva una sola gamba, un solo braccio, un solo orecchio, un solo occhio e un unico dito. Kumba si inginocchiò per salutarla e la vecchia disse:
- Dove te ne vai, tutta sola nella foresta?
- La mia matrigna mi ha mandato al mare di Ndaayan per lavare questo cucchiaio, nonnina, e non so proprio quando ci arriverò.
Allora la vecchia le offri un letto per la notte, perché stava facendo buio, e Kumba si offrì di preparare la cena.
- Ecco qui tutto quello che occorre - disse la sua ospite, e le diede un osso spolpato e un grano di miglio.
La ragazza, obbediente, mise l’osso in una pentola, che si riempi di carne all’istante; poi gettò il chicco in un mortaio, che in un attimo traboccò di cuscus. Mangiarono, e poi Kumba lavò le scodelle.
- Visto che ci sei, non dimenticare il tuo cucchiaio - le disse la vecchia - che lo lavi qui o nel mare di Ndaayan, la tua matrigna non noterà la differenza.
Ormai era ora di andare a dormire, e Kumha-senza-madre dovette nascondersi sotto il letto, perché stavano per tornare i figli della padrona di casa.
- Sono bestie selvatiche, capisci, e potrebbero anche mangiarti - le spiegò la donna - ma tu prendi questi due aghi, uno grande e uno piccolo, e quando si saranno addormentati pungili appena appena, cosi penseranno che nel letto ci sono le pulci e andranno via più presto che possono.
I figli arrivarono, e uno di loro, Buki la iena, annusò in giro e disse:
- Mamma, sento odore di carne umana.
- Ma se qui dentro l’unico essere umano sono io! Non vorrai mica mangiarmi! - rispose la madre, e mandò tutti a dormire.
Una volta coricate, però, le belve non riuscirono ad addormentarsi perché la ragazza ogni tanto le pungeva, e all’alba tornarono nella foresta.
- Adesso puoi anche tornare a casa- disse la vecchia a Kumba - e siccome sei stata cosi gentile, ti farò un regalo. Ecco tre uova: il primo lo romperai quando uscirai da qui; il secondo, rompilo alle porte del tuo villaggio, e il terzo, quando ci entrerai.
Kumba ringraziò e appena fuori ruppe il primo uovo: ne uscirono leoni, pantere e altre belve che le leccarono le mani e le fecero da scorta finché non usci dalla foresta, proteggendola da ogni pericolo.
Quando il suo villaggio fu in vista, la ragazza ruppe il secondo uovo: ed ecco apparire molti cavalieri armati che si schierarono attorno a lei.
E alla fine Kumba ruppe anche il terzo uovo, dal quale saltarono fuori una quantità di schiavi carichi di sacchi d’oro e d’argento, e suonatori di tam-tam che la procedevano battendo sui loro strumenti.
Cosi l’orfanella tornò a casa come una regina, e tutti vennero ad ammirarla.
La matrigna era pazza di rabbia, e disse alla sua vera figlia:
- Sarà meglio che vada anche tu al mare di Ndaayan, se vuoi fare fortuna!
Kumba-con-la-madre si mise in cammino, ma controvoglia. Dopo due giorni e due notti, anche lei incontrò il giuggiolo che si sgiuggiolava da solo, e disse:
- Che assurdità, un giuggiolo che si sgiuggiola! Se lo raccontassi nessuno ci crederebbe. Su, stupido albero, dammi un p0’ di giuggiole!
Ma l’albero non gliene diede neppure una, e le gridò dietro:
- Che Allah ti maledica!
Poi la ragazza trovò la pentola che cucinava da sola e strillò:
- È incredibile, una cosa del genere non l’avevo mai vista. Questa pentola è davvero ridicola.
Anche la pentola la maledisse, e lei alzò le spalle e continuò a camminare.
Quando arrivò alla casa della vecchia, invece di inginocchiarsi e salutare si mise a ridere:
- Sei sicura di essere una persona, nonnina? A me sembri un mostro!
E quando la vecchia le diede l’osso e il grano di miglio per preparare la cena, Kumba-con-la-madre rise di nuovo:
- Sei pazza? Nessuno potrebbe preparare da mangiare, con questa roba!
Cosi le toccò andare a dormire senza cena, borbottando perché doveva nascondersi sotto il letto. Poi, una volta arrivati i figli della vecchia, li punse a sangue con i due aghi, facendoli scappare di corsa.
Il giorno dopo anche lei ricevette le tre uova e se ne andò, seguita da molte maledizioni.
Appena ruppe il primo uovo, però, ne uscì una mandria di buoi inferociti che la calpestarono a morte, lasciando il suo corpo agli avvoltoi.
I grandi uccelli mangiarono le ossa e la carne, ma lasciarono intatto il cuore e, tenendolo tra gli artigli, volarono sul villaggio delle due Kumba e lo lasciarono cadere sulla casa della madre, gridando:
- Ecco com’è finita la ragazza che andò al mare di Ndaayan per fare fortuna!
Qui la storia finisce, e il primo naso che la annuserà andrà all’inferno. |